la frustrazione è un mal comune senza mezzo gaudio alcuno, essa diviene il motore del desiderio, della produzione di desiderio della macchina umana, una macchina desiderante appunto. colui che non si sente abbastanza uomo, sarà spinto dal desiderio di mettere di continuo alla prova la compagna per capire quanto questa a sua volta lo desideri. colei che non si sente accettata desidererà essere impeccabile, perfetta, vestita secondo i canoni del gusto della nicchia alla quale partecipa. oppure, il che non ne altera il concetto, originale ad ogni costo. riguardo ai collezionisti d’arte, galleristi e quant’altro un tempo s’opinò circa la volontà di quest’ultimi di toccare l’arte per mezzo della loro perversione proveniente da millenni di inibizioni psicosomatizzate. una sparata infarcita di freudismo, lacanesimo, deborderie e quant’altro eppure, se anche in parte questo è vero, lo è a partire dalla questione che ogni volontà di possesso è la volontà d’un pervertito, e che ogni desiderio siffatto non ha origine da una mancanza come voleva il buon platone, quanto piuttosto da una frustrazione. sul legame tra frustrazione e inibizione, non saranno spese parole. viene in mente giusto il caso della letteratura sotto l’occupazione, che d’altro non riesce a parlare se non della congerie di desideri legati alla frustrazione dell’essere occupati, inibiti alla condizione di un sé dipendente da altro. posto questo, allargando il campo, non è lecito dire che come la sparata sui galleristi è un caso specifico d’una legge generale, ovvero che ogni volontà di possesso sia la volontà d’un pervertito, anche della letteratura sotto l’occupazione si possa dire lo stesso, dunque d’essere un caso specifico all’interno d’una legge generale in virtù della quale la cara letteratura sia ora e sempre in una condizione di subita occupazione. uno scrivere contro l’occupante, il desiderio d’una creatura schiava della propria frustrazione, per dirla col praga del preludio, canto una misera canzone, ma canto il vero.
non irrider fratello al mio sussurro se qualche volta piango
giacchè più del mio pallido demone odio il minio
e la maschera al pensiero
giacchè canto una misera canzone
ma canto il vero….
ordunque, il primo post era dovuto, vale a dire la citazione dello scapigliato Emilio Praga che il Perottoni si limita ad accennare; per chi non lo sapesse il “minio” non è nient’altro che una sorta di rossetto deputato all’abbellimento, quell’abbellimento che giustamente B.P. proclama solenne di non avere al centro della sua Opera; detto questo mi prendo qualche giorno per formulare un degno pensiero in merito a frustazione, desiderio, letteratura e chi più ne ha più ne merda; qualche giorno mi serve perchè ultimamente (da un ano) ilGrandeStefanoCòmper è quel che si dice uno scrittore in crisi e anche poche righe on line diventano un’impresa ben più ardua del famoso toro bianco di Ernest il cubano; per chi non lo sapesse, il toro bianco nient’altro è che la pagina da riempire; ordunque, siccome per il sottoscrittore la fatica impotente è diventata incommensurabile, quel toro io me lo dico addirittura nero, e tutto il resto è gioco finito; qualche giorno mi serve dunque, ma intanto ho una domanda per il Benedetto: che differenza passa tra uno scrittore in crisi e uno scrittore frustrato? spero che il verdetto sia nessuna, cosìcchè so dove piazzare la mia attuale critica frustrazione: in culo al toro morto punto. applausi?
grazie al IGSCR per l’eruzione-erudizione, e per quanto riguarda la questione sollevata, non posso che rispondere col grande classico “creca nel tuo cuore, e troverai la risposta…”
nel post del perottoni parigino quello che s’opinava non era tanto la frustrazione dell’essere un cattivo torero per addomesticare il toro bianco, quanto piuttosto quel sentimento di sottomissione al creato (o alle creature, o al creatore, per chi vi crede) per sfuggire alla quale s’impugna la penna così come s’impugna un pene e si cerca di eiaculare. “per sorridere un po’, mica per chissà cosa…”
insomma una sorta di frustrazione-motore, differente da quella frustrazione-immobile descritta dal Grande, nei confronti della quale è meglio non spendere parole e fuggire come di fronte al “mal bianco” di saramago.
riguardo al praga, godetevi il preludio per intero, rubato da questo parafrasando.it
http://www.parafrasando.it/poesie/preludio.htm
La fine delle ideologie non è che l’ennesimo e logoro travestimento della consueta ideologia della fine.
[Aforismi di M.B. – 16]
La cultura del cristianesimo è a tal punto allergica al principio di piacere che i suoi teorici hanno dovuto rinunciare alla simmetria fra paradiso e inferno. Nell’aldilà cristiano vi sono infatti pene crudelmente corporali, del tutto persuasive, ma contrapposte a premi misteriosi e quasi incomprensibili.
[Aforismi di M.B. – 15]