Col coraggio dei dilettanti, coll’ambizione e l’incoscienza degli esordienti, Benedetto Perottoni e la casa editrice Palazzo Cosmi debuttano. E lo fanno colle parole “la letteratura non è leggeratura”, che è l’incipit del risvolto di copertina e il motto dei tanti successi che auguriamo ad entrambi. Auguri una volta di più, anzi, se come di seguito si legge, di “letteradura” si tratta, cioè di qualcosa di impossibile da condividere fino in fondo. Bene: di Moccia, Faletti, Mazzantini e americani ce n’è già abbastanza.

“Attraverso lo spocchio” è l’avventura di un Alice maschietto di 8 anni in un paese che non meraviglia, al contrario: è tutto da rifare. “Ed io ero appunto un bimbetto normale, ma un bimbetto determinato a salvare il creato.” Da qui una serie di frustrazioni. “Ora io ero appunto un bimbetto normale, e in virtù di cosa potevo giudicare?” “ciò di cui non potevo fare a meno era un concetto del giusto.” La prospettiva è in realtà una retrospettiva: l’io narrante guarda al se stesso di una volta, quello che scopre che Babbo Natale non esiste e si dispone a prenderne il posto, a portare la giustizia nel mondo ma che poi via via la realtà piega, fino a farne un tossicomane.

La struttura dei capitoli, la prosa, le iterazioni perciò stanno tutte dentro un delirio. Un delirio appena più organizzato di quello Leopold Bloom, se qui  troviamo almeno la punteggiatura, ma, com’è ovvio per chi alla giustizia rinunci e con esso a ogni principio, non una lettera maiuscola, neanche la prima dell’intero testo. Per dire di una follia l’autore sceglie una prosa fatta di proposizioni complesse ma anche di assonanze e giochi di parole che attizzano l’attenzione. Al di là della forma, azzeccata, nel libro ipotizziamo un contenuto morale: il ripudio delle certezze, forse, ma al tempo stesso l’insoddisfazione per un mondo che di qualche principio, di un Babbo Natale, avrebbe pure bisogno.

Richiudendolo, diciamo che “Attraverso lo spocchio” è un elegante tascabile  su carta ecologica. Ottimo insomma per essere letto sotto l’ombrellone, ma a costo di trascurare le bellezze al bagno e di fare da palo per i tornei di calcio, tanto questo libretto assorbe. Aggiungiamo che se la spocchia del titolo è quella di ergersi a giustiziere, ci schieriamo dalla parte di chi a cambiare le cose almeno ci prova. Il cinismo che poi lo macchia, i vizi e le cadute, ce lo rendono umano, in un mondo di felici e contenti, di bagnanti. Trasimaco diceva che la giustizia è l’utile del più forte. Sommessamente speriamo che la nuova, piccola casa editrice roveretana e il suo fresco autore continuino a cercarne una definizione diversa.

Luca de Feo